In tema di atti persecutori (c.d. stalking), rientrano nella nozione di molestie anche le condotte che, pur non essendo direttamente rivolte alla persona offesa, comportano subdole interferenze nella sua vita privata, concretizzandosi in atti diretti a plurimi destinatari legati alla vittima da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, inoltre, dell’idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice ( Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, sentenza n. 41006/23 depositata in data 9/10/23)